Nell’economia globalizzata ci sono due tipi fondamentali di agricoltura: l’agricoltura intensiva e
l’agricoltura di sussistenza  L’agricoltura intensiva è presente nel Nord del mondo ed è moderna e ricca: molti prodotti vengono venduti a costi bassi e quindi si guadagna anche molto. L’agricoltura di sussistenza è presente nel Sud del mondo ed è povera; i contadini hanno poca terra e non hanno macchine per lavorarla o concimi chimici, o impianti di irrigazione, e mancano le strutture per la conservazione dei prodotti in eccedenza: così producono solo quanto basta per la loro famiglia. 
In queste aree definite “poco sviluppate”, anche in generale l’economia prevalente è un’economia di sussistenza , in cui ogni comunità produce quasi esclusivamente ciò che consuma, lasciando pressoché nulla al mercato.
La globalizzazione ha fatto crescere l’economia mondiale: nel mondo oggi si producono più merci e più servizi di qualche anno fa. Ma la globalizzazione ha anche fatto aumentare il numero delle persone povere nel mondo e ha fatto diventare ancora più poveri molti paesi del Sud del mondo. Questi Paesi, infatti, vendono a basso prezzo le materie prime, ma dovrebbero comprare a caro prezzo i prodotti industriali del Nord del mondo.

Tra le principali produzioni tipiche dell’agricoltura di susssistenza, vi sono alcuni cereali: il sorgo, il miglio, il mais e il riso. In pratica nell'agricoltura di sussistenza l'agricoltore e i suoi famigliari consumano direttamente quanto producono, e non si produce per vendere il frutto del lavoro, ma per alimentarsi. L'agricoltura di sussistenza spesso segue i principi dell'agricoltura biologica cioè un'agricoltura in cui non si utilizzano concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi.
Si tratta sostanzialmente di un’economia chiusa in se stessa e chi la pratica vive in una situazione di equilibrio precario: basta infatti una calamità naturale come una siccità prolungata o piogge eccessive, perché l’equilibrio si spezzi.

In questi Paesi si è cercato di introdurre un metodo utile ad intensificare la produzione agricola. Nasce così la “rivoluzione verde”, mezzo utilizzato per sfamare i Paesi più poveri con l'introduzione degli OGM, colture modificate geneticamente in laboratorio per rendere le piante immuni a numerosi virus, maggiormente produttive e resistenti a stagioni vegetative più brevi di quelle tradizionali. 
L' agricoltura di sussistenza è praticata con tecniche arretrate e metodi tradizionali, le conoscenze dei contadini, quasi sempre analfabeti, sono scarse; essi si comportano scrupolosamente secondo la tradizione; è anche per questo che gli effetti immediati dell’introduzione degli OGM  sono stati visti oltremodo positivamente: in Asia si è registrato un incremento della produzione agricola del 40%, in Sudamerica del 35% ed in Cina i raccolti sono cresciuti dei due terzi. Ma la coltivazione degli OGM presuppone innovative tecniche di irrigazione, meccanizzazione ed utilizzo di fertilizzanti chimici e pesticidi e molti poveri contadini, che dovevano essere i destinatari principali di questa operazione, continuano a soffrire la fame.
A onor di cronaca va anche detto che con l’avvento degli OGM, i contadini si sono dedicati interamente a monocolture,  utilizzando il raccolto non più per fini di sussistenza ma per destinarlo al mercato. Il passaggio forzato ad un’economia di mercato da parte di una società che non ne aveva mai reclamato il bisogno, ha prodotto numerosissimi problemi alle popolazioni locali. Essendo la molteplicità delle colture rimpiazzata dalla monocoltura, la popolazione ha avuto a propria disposizione una varietà di raccolti ad uso alimentare davvero limitato. È aumentato in maniera esponenziale il numero di contadini senza terra, resi tali dai danni ambientali causati dalla coltivazione degli OGM.  Quindi, concludendo, introdurre un sistema di mercato in sistemi di sussistenza, ha portato in breve tempo ad aumentare la povertà di queste popolazioni.

Probabilmente in queste zone del mondo occorrerebbe introdurre non gli OGM, ma un'agricoltura sostenibile, che utilizza tecniche agricole in grado di rispettare l'ambiente e la biodiversità; occorrerebbe introdurre anche una permacultura che oggi è arrivata a significare di più che autosufficienza per l'alimentazione della famiglia e prevede anche strategie legali e finanziarie appropriate; certo ci si vorrebbe augurare di giungere a un'agricoltura biodinamica cioè quella forma di agricoltura che addirittura accresce e mantiene la fertilità della terra ma ancora oggi anche in Italia, paese avanzato e moderno dal punto di vista agricolo, numerose sono le regioni dove si partica l'agricoltura di sussistenza: in Molise i terreni, montuosi, collinari e aridi, sono occupati dall’agricoltura; generalmente organizzata in aziende di modeste dimensioni, è quindi scarsamente meccanizzata e razionalizzata; si può ancora parlare, per una larga parte della regione, di agricoltura di sussistenza, praticata quasi unicamente da donne e anziani. Diversa può essere definita la situazione in Puglia, dove la trappola della povertà era fino a qualche decennio fa legato ad un’agricoltura di sussistenza bloccata dalla spirale di una popolazione in crescita e una produzione alimentare pro-capite in calo; decenni di prezzi bassi delle materie prime hanno rallentato gli investimenti, hanno favorito scelte tecnologiche inadeguate alle reali necessità delle agricolture, hanno orientato le risorse a favore dell’industrializzazione e delle aree urbane; troppo poco si è fatto, non sempre per scelta, ma come conseguenza dei conflitti locali, per avviare e sostenere la modernizzazione delle agricolture; adesso pare sia  venuto il momento di cambiare.